Gaza, Hamas apre alla tregua L'esercito: "Iniziato ritiro progressivo"
Finalmente questa guerra vergognosa si è fermata e non ci resta che sperare non ci siano più bambini vittime dei giochi assurdi dei Grandi.
Nessuna morte è giustificabile, meno che mai la morte di bambini innocenti e non c'è ragione di stato o evento storico e politico che possa giustificare dei bombardamenti sui civili.
Questi ultimi eventi mi hanno riportato alla mente un servizio televisivo che ho visto qualche mese fa, parlo della presentazione delle Palestiniadi, manifestazione sportiva dilettantistica organizzata a Siblin in Libano, il 29 Novembre 2008 dall'ufficio di Cooperazione dell'ambasciata italiana, in collaborazione con l'Agenzia Onu per i profughi palestinesi (Unrwa).
“Abbiamo voluto che questa fosse una giornata di festa - ha spiegato Fabio Melloni, responsabile dell'Ufficio di Cooperazione italiana - perché questi ragazzi vivono praticamente in ghetti, senza possibilità di avere normali relazioni con l'esterno, senza gli svaghi che hanno i loro coetanei”.
Mi sono davvero commossa nel vedere quanta gioia e felicità questa manifestazione sia stata in grado di regalare, almeno per un giorno, a circa 350 ragazzi palestinesi – segregati nei campi profughi di Beirut. Per loro infatti è stata una rara occasione di esprimere liberamente la loro voglia di giocare, di fare sport, di confrontarsi in gare, insomma di fare tutte quelle attività che i loro coetanei più fortunati fanno tutti i giorni. Hanno potuto indossare la tuta e le maglie numerate, mettersi gli scarpini, fare la borsa per andare a giocare a pallone o pallavolo, hanno fatto parte di una squadra e hanno tifato i loro compagni più forti.
Tuttavia quello che mi ha davvero colpito è stata la reazione di una ragazza che si è rifiutata di partecipare, perché ancora scossa dalla perdita della sorella durante gli scontri di Luglio 2007. Ma ce ne sono tanti di bambini e ragazzi che hanno perso genitori, fratelli e sorelle durante i molti scontri che hanno accompagnato i palestinesi civili nei campi profughi e lungo la striscia di Gaza. E ci sono molti ragazzi che, per il solo fatto di essere profughi vivono in spazi angusti, non hanno diritto né a cure sanitarie né a una educazione scolastica. E molti già sanno che mai potranno avere un giorno una loro casa, un lavoro qualificato, una Terra.
Crescono con il ronzio degli aerei nelle orecchie, con il timore di perdere l’intera famiglia durante un raid militare, non sanno distinguere i motivi di una guerra, sanno solo che hanno perso la mamma e il papà. Imparano non a giocare con le bambole o con le macchinine ma a convivere con la morte, con la distruzione. E nonostante in alcuni di loro spesso tanta pena innesca un odio pericoloso e incontrollabile, molti hanno davvero voglia di divertirsi, di trovare una alternativa positiva alla tristezza imposta sulla loro vita.
I bambini infatti dimenticano facilmente i dolori, non portano rancore, sorridono, possono essere pungenti ma sono schietti. I bambini sopportano la sofferenza in maniera incredibile e trovano il piacere di sorridere e divertirsi sempre, anche quando tutto intorno e dentro di loro si sgretola, perchè hanno una smisurata fiducia in chi li circonda e nella vita.
Tuttavia questa ultima guerra non ha fatto altro che accumulare sofferenza ad altra sofferenza, non ha fatto altro che uccidere altri bambini, che distruggere nuove famiglie e svilire i buoni progetti che qualcuno al mondo cerca di fare per portare un po’ di serenità e pace nella lembo di terra più tormento del mondo, quale la striscia di Gaza.
Un passo verso la Pace e cento passi verso l’Odio e la Divisione.
E tutti hanno indistintamente delle colpe e delle responsabilità nei conflitti degli ultimi venti giorni, da Hamas a Israele, dall’America all’Europa, perché non c’è un valido motivo per giustificare la morte di circa 400 bambini innocenti, che avevano gli stessi diritti di giocare e di vivere dei bambini nati in altre parti del mondo più tranquille. Nessuna guerra può definirsi necessaria, perché nel momento stesso in cui si rende necessaria segna il completo fallimento della ragione umana e l’inizio della vergogna… Perché molti sono coloro i quali dovrebbero vergognarsi se si è arrivati a questo conflitto.
Finalmente questa guerra vergognosa si è fermata e non ci resta che sperare non ci siano più bambini vittime dei giochi assurdi dei Grandi.
Nessuna morte è giustificabile, meno che mai la morte di bambini innocenti e non c'è ragione di stato o evento storico e politico che possa giustificare dei bombardamenti sui civili.
Questi ultimi eventi mi hanno riportato alla mente un servizio televisivo che ho visto qualche mese fa, parlo della presentazione delle Palestiniadi, manifestazione sportiva dilettantistica organizzata a Siblin in Libano, il 29 Novembre 2008 dall'ufficio di Cooperazione dell'ambasciata italiana, in collaborazione con l'Agenzia Onu per i profughi palestinesi (Unrwa).
“Abbiamo voluto che questa fosse una giornata di festa - ha spiegato Fabio Melloni, responsabile dell'Ufficio di Cooperazione italiana - perché questi ragazzi vivono praticamente in ghetti, senza possibilità di avere normali relazioni con l'esterno, senza gli svaghi che hanno i loro coetanei”.
Mi sono davvero commossa nel vedere quanta gioia e felicità questa manifestazione sia stata in grado di regalare, almeno per un giorno, a circa 350 ragazzi palestinesi – segregati nei campi profughi di Beirut. Per loro infatti è stata una rara occasione di esprimere liberamente la loro voglia di giocare, di fare sport, di confrontarsi in gare, insomma di fare tutte quelle attività che i loro coetanei più fortunati fanno tutti i giorni. Hanno potuto indossare la tuta e le maglie numerate, mettersi gli scarpini, fare la borsa per andare a giocare a pallone o pallavolo, hanno fatto parte di una squadra e hanno tifato i loro compagni più forti.
Tuttavia quello che mi ha davvero colpito è stata la reazione di una ragazza che si è rifiutata di partecipare, perché ancora scossa dalla perdita della sorella durante gli scontri di Luglio 2007. Ma ce ne sono tanti di bambini e ragazzi che hanno perso genitori, fratelli e sorelle durante i molti scontri che hanno accompagnato i palestinesi civili nei campi profughi e lungo la striscia di Gaza. E ci sono molti ragazzi che, per il solo fatto di essere profughi vivono in spazi angusti, non hanno diritto né a cure sanitarie né a una educazione scolastica. E molti già sanno che mai potranno avere un giorno una loro casa, un lavoro qualificato, una Terra.
Crescono con il ronzio degli aerei nelle orecchie, con il timore di perdere l’intera famiglia durante un raid militare, non sanno distinguere i motivi di una guerra, sanno solo che hanno perso la mamma e il papà. Imparano non a giocare con le bambole o con le macchinine ma a convivere con la morte, con la distruzione. E nonostante in alcuni di loro spesso tanta pena innesca un odio pericoloso e incontrollabile, molti hanno davvero voglia di divertirsi, di trovare una alternativa positiva alla tristezza imposta sulla loro vita.
I bambini infatti dimenticano facilmente i dolori, non portano rancore, sorridono, possono essere pungenti ma sono schietti. I bambini sopportano la sofferenza in maniera incredibile e trovano il piacere di sorridere e divertirsi sempre, anche quando tutto intorno e dentro di loro si sgretola, perchè hanno una smisurata fiducia in chi li circonda e nella vita.
Tuttavia questa ultima guerra non ha fatto altro che accumulare sofferenza ad altra sofferenza, non ha fatto altro che uccidere altri bambini, che distruggere nuove famiglie e svilire i buoni progetti che qualcuno al mondo cerca di fare per portare un po’ di serenità e pace nella lembo di terra più tormento del mondo, quale la striscia di Gaza.
Un passo verso la Pace e cento passi verso l’Odio e la Divisione.
E tutti hanno indistintamente delle colpe e delle responsabilità nei conflitti degli ultimi venti giorni, da Hamas a Israele, dall’America all’Europa, perché non c’è un valido motivo per giustificare la morte di circa 400 bambini innocenti, che avevano gli stessi diritti di giocare e di vivere dei bambini nati in altre parti del mondo più tranquille. Nessuna guerra può definirsi necessaria, perché nel momento stesso in cui si rende necessaria segna il completo fallimento della ragione umana e l’inizio della vergogna… Perché molti sono coloro i quali dovrebbero vergognarsi se si è arrivati a questo conflitto.
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