Devo rimanere indifferente di fronte a questo ciarlare di scuola, riforme, grembiuli, condotta ? Io del resto ho finito la scuola e l’università un po’ di anni fa, di conseguenza perchè dovrebbe interessarmi?
Per il momento non ho figli da preoccuparmi in che scuola andranno a finire e se subiranno dei traumi per il 5 in condotta.
Tuttavia ho sentito tanti commenti, tante campane, tante discussioni sulla scuola, gli ultimi in ordine cronologico domenica notte in occasione della trasmissione Tatami di Rai Tre ( ma perché le trasmissioni interessanti le fanno a mezzanotte e in prima serata solo scemenze? Hanno paura che le persone non siano in grado di intendere e volere a ora di cena con lo stomaco pieno, per cui meglio rimbambirle con Grandi Fratelli, Isole piene di dispersi e Cantanti allo sbaraglio?)
Mi sono chiesta inizialmente cosa pensavo io al riguardo, poi ho pensato a come era la mia scuola, a mia madre, alla sua passione e dedizione verso l’ insegnamento. Poi ho pensato all’ignoranza di molti ragazzini di oggi, alla loro dipendenza da internet, da I pod, da gameboy e mi sono detta: ognuno è figlio del suo tempo! Ma che pena mi fanno questi ragazzi a cui nessuno oggi è in grado di instillare l’amore per la letteratura, per la matematica, per la discussione per il dibattito. Ecco quello che mi rattrista, il fatto che pochi di loro avranno nella loro vita l’occasione di emozionarsi, di riflettere su libri, di crearsi delle opinioni.
Non mi preoccupa tanto la disciplina nella scuola, quella non sono i voti a stabilirla, ma il corpo docente, per cui finché ci saranno insegnanti demotivati e senza passione, incapaci di coinvolgere e legare a sé gli studenti, il discorso delle riforme scolastiche focalizzate sulla educazione sociale e civica va in secondo piano.
Non so se essere pro o contro una maggiore austerità e autorevolezza a scuola: secondo me prima di tutto deve essere la famiglia a insegnare ai propri figli l’educazione e il rispetto degli altri perché certo non si può pretendere che lo faccia solo la scuola.
Io so solo che la scuola fatta in un certo modo mi ha insegnato tanto, ho seguito una scuola rigida, ( medie e superiori), avevo la divisa, avevo i voti in condotta che influenzavano notevolmente il giudizio finale, ma avevo anche degli insegnati appassionati che mi hanno fatto leggere e discutere di libri che in quegli anni mi potevano appassionare. Forse molto dipende dall’indole personale? Non credo, perché se un libro viene letto, spiegato, inserito in un contesto, commentato e scelto in base alla scolaresca che si ha di fronte, alla fine quelle scolaresca imparerà prima di tutto ad amore la lettura e poi a scoprire nelle pagine dei libri degli specchi di fronte ai quali confrontarsi.
A questo proposito sono pienamente d’accordo con l’articolo di Paolo Citati, comparso su Repubblica:
"(..) Poi alcuni avevano un modo d'insegnamento che, in parte, si è perduto. Oggi la letteratura è studiata soprattutto come storia della cultura. Allora, i professori più intelligenti parlavano di Dante o Petrarca o Ariosto o Leopardi come se fossero una parte essenziale della vita quotidiana di ogni ragazzo. Vivevamo in loro e per loro. Uno dei miei professori discorreva di Machiavelli e di Guicciardini con tale passione e divertimento, che noi ne discutevamo tornando a casa e poi ne parlavamo a pranzo con nostro padre e nostra madre, come se tutti i problemi della vita moderna fossero illuminati dal Principe e dai Ricordi.
Molti maestri, e soprattutto maestre, erano meravigliosi: molto più bravi di quelli ai quali De Amicis innalzò un monumento nel Cuore. Appena aprivano bocca, tutto diventava chiaro, limpido, luminoso: i numeri si addizionavano, moltiplicavano e dividevano per conto loro: i verbi irregolari non avevano più misteri; la storia diventava un romanzo d'avventure. Avevano un grande dono comunicativo: uno spirito materno maggiore, probabilmente, di quello che esprimevano a casa; e le violente o pacate tirate d'orecchie, e i rapidi colpi di bacchetta sulle mani, venivano accettati senza ribellione.”
I giovani hanno sete di modelli, di avventure, di passione, di parlare, di confrontarsi e se la scuola non capisce questo, non capirà mai come trattare i giovani e come educarli alla vita, come rispondere al loro grido di attenzione, di valori, che troppo spesso si traduce in bullismo.
Per cui basta con il fumo negli occhi, con il voler fuorviare i problemi reali con stupidaggini come il grembiule o il voto in condotta, che si ponga l’attenzione alla scuola come istituzione, ai professori come educatori, e ai ragazzi come persone …E parafrasando il titolo del post nonché canzone emblema dei Pink Floyd, in cui si denunciava una scuola disumanizzante simile a quella di oggi, non altro per il fatto che sta diventando nozionistica e fredda, al Hey! Teachers! Leave them kids alone! ….Io direi Hey teachers help the kids to grow up
Per il momento non ho figli da preoccuparmi in che scuola andranno a finire e se subiranno dei traumi per il 5 in condotta.
Tuttavia ho sentito tanti commenti, tante campane, tante discussioni sulla scuola, gli ultimi in ordine cronologico domenica notte in occasione della trasmissione Tatami di Rai Tre ( ma perché le trasmissioni interessanti le fanno a mezzanotte e in prima serata solo scemenze? Hanno paura che le persone non siano in grado di intendere e volere a ora di cena con lo stomaco pieno, per cui meglio rimbambirle con Grandi Fratelli, Isole piene di dispersi e Cantanti allo sbaraglio?)
Mi sono chiesta inizialmente cosa pensavo io al riguardo, poi ho pensato a come era la mia scuola, a mia madre, alla sua passione e dedizione verso l’ insegnamento. Poi ho pensato all’ignoranza di molti ragazzini di oggi, alla loro dipendenza da internet, da I pod, da gameboy e mi sono detta: ognuno è figlio del suo tempo! Ma che pena mi fanno questi ragazzi a cui nessuno oggi è in grado di instillare l’amore per la letteratura, per la matematica, per la discussione per il dibattito. Ecco quello che mi rattrista, il fatto che pochi di loro avranno nella loro vita l’occasione di emozionarsi, di riflettere su libri, di crearsi delle opinioni.
Non mi preoccupa tanto la disciplina nella scuola, quella non sono i voti a stabilirla, ma il corpo docente, per cui finché ci saranno insegnanti demotivati e senza passione, incapaci di coinvolgere e legare a sé gli studenti, il discorso delle riforme scolastiche focalizzate sulla educazione sociale e civica va in secondo piano.
Non so se essere pro o contro una maggiore austerità e autorevolezza a scuola: secondo me prima di tutto deve essere la famiglia a insegnare ai propri figli l’educazione e il rispetto degli altri perché certo non si può pretendere che lo faccia solo la scuola.
Io so solo che la scuola fatta in un certo modo mi ha insegnato tanto, ho seguito una scuola rigida, ( medie e superiori), avevo la divisa, avevo i voti in condotta che influenzavano notevolmente il giudizio finale, ma avevo anche degli insegnati appassionati che mi hanno fatto leggere e discutere di libri che in quegli anni mi potevano appassionare. Forse molto dipende dall’indole personale? Non credo, perché se un libro viene letto, spiegato, inserito in un contesto, commentato e scelto in base alla scolaresca che si ha di fronte, alla fine quelle scolaresca imparerà prima di tutto ad amore la lettura e poi a scoprire nelle pagine dei libri degli specchi di fronte ai quali confrontarsi.
A questo proposito sono pienamente d’accordo con l’articolo di Paolo Citati, comparso su Repubblica:
"(..) Poi alcuni avevano un modo d'insegnamento che, in parte, si è perduto. Oggi la letteratura è studiata soprattutto come storia della cultura. Allora, i professori più intelligenti parlavano di Dante o Petrarca o Ariosto o Leopardi come se fossero una parte essenziale della vita quotidiana di ogni ragazzo. Vivevamo in loro e per loro. Uno dei miei professori discorreva di Machiavelli e di Guicciardini con tale passione e divertimento, che noi ne discutevamo tornando a casa e poi ne parlavamo a pranzo con nostro padre e nostra madre, come se tutti i problemi della vita moderna fossero illuminati dal Principe e dai Ricordi.
Molti maestri, e soprattutto maestre, erano meravigliosi: molto più bravi di quelli ai quali De Amicis innalzò un monumento nel Cuore. Appena aprivano bocca, tutto diventava chiaro, limpido, luminoso: i numeri si addizionavano, moltiplicavano e dividevano per conto loro: i verbi irregolari non avevano più misteri; la storia diventava un romanzo d'avventure. Avevano un grande dono comunicativo: uno spirito materno maggiore, probabilmente, di quello che esprimevano a casa; e le violente o pacate tirate d'orecchie, e i rapidi colpi di bacchetta sulle mani, venivano accettati senza ribellione.”
I giovani hanno sete di modelli, di avventure, di passione, di parlare, di confrontarsi e se la scuola non capisce questo, non capirà mai come trattare i giovani e come educarli alla vita, come rispondere al loro grido di attenzione, di valori, che troppo spesso si traduce in bullismo.
Per cui basta con il fumo negli occhi, con il voler fuorviare i problemi reali con stupidaggini come il grembiule o il voto in condotta, che si ponga l’attenzione alla scuola come istituzione, ai professori come educatori, e ai ragazzi come persone …E parafrasando il titolo del post nonché canzone emblema dei Pink Floyd, in cui si denunciava una scuola disumanizzante simile a quella di oggi, non altro per il fatto che sta diventando nozionistica e fredda, al Hey! Teachers! Leave them kids alone! ….Io direi Hey teachers help the kids to grow up
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